In occasione della commemorazione della fucilazione di Cesare Cappelletto avvenuta il 13 marzo 1945 nella piazza di Rio San Martino, riportiamo la relazione del prof. Mauro Salsone, docente di storia e filosofia al liceo E. Majorana di Mirano.
Nell’occasione ricordiamo la scoparsa del sig. Angelo Rigamonti, noto partigiano e presidente dell’ANPI di Mestre, e quella più recente del prof. Carmine Menicacci, dell’Istituto “8 marzo” che molto si era prodigato per tenere viva questa commemorazione.
(Vedi anche l’articolo della 51° comemorazione)
La tragica morte di Cappelletto si inserisce in quel particolare momento che è stata la Resistenza alla dominazione nazista e al collaborazionismo dei fascisti della Repubblica di Salò.
Mussolini, salito al potere dopo la marcia su Roma deI 28 ottobre 1922, aveva dopo il delitto Matteotti trasformato il suo potere in un regime, in una dittatura politica personale, in un vero e proprio regime totalitario di massa. Con la conquista dell’Etiopia e la creazione dell’Impero nel 1936 il fascismo aveva raggiunto il massimo del conserso popolare Mussolini sembrava invincibile. Ma proprio nel momento del massimo consenso cominciava la crisi irreversibile del fascismo. Le sanzioni della Società delle Nazioni costringeva Mussolini ad avvicinarsi alla Germania nazista di Hitler, ad una alleanza con l’ideologia razzista ed antisemita che fu fatale per il fascismo e per lo stesso Mussolini. L’adozione delle leggi razziali nel 1938 cominciò a far perdere consensi al fascismo nel mondo cattolico e nello stesso popolo italiano che certamente non era, e non è, un popolo razzista.
Lo scoppio il 10 settembre 1939 della seconda guerra mondiale vide l’Italia impreparata, per cui Mussolini rinviò all’anno successivo, al 10 giugno del 1940 l’entrata in guerra a fianco della Germania con l’illusione che pochi mesi di guerra e qualche decina di migliaia di morti potesse portare l’Italia ad una facile vittoria assieme all’alleata Germania, ma la guerra fu lunga e drammatica.
Il popolo italiano, che da alcuni anni aveva cominciato a dubitare del regime fascista, di fronte ai bombardamenti, alla mancanza di cibo, all’aumento del costo della vita, ai mariti e figli impegnati nei vari fronti della guerra, prese le distanze dal fascismo e da Mussolini. Nel marzo 1943 ci furono i primi scioperi operai per il costo della vita e la fine della guerra, ma la situazione divenne drammatica per il fascismo e per l’Italia: il 10 luglio 1943 gli angloamericani sbarcano in Sicilia e avanzano verso l’Italia centrale. Mussolini nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943 viene messo in minoranza e termina miseramente la sua carriera politica: il re lo fa arrestare e condurre prigioniero nel Gran Sasso.
Dal 25 luglio all’8 settembre 1943 abbiamo il Governo Badoglio che governa senza però prendere provvedimenti ed iniziative contro una possibile occupazione nazista dell’Italia. Il 3 settembre il governo italiano firma l’armistizio con gli angloamericani, ma la notizia viene comunicata al popolo italiano, via radio, dallo stesso Badoglio solo l’8 settembre 1943, per dare la possibilità al Re, al governo e allo stato maggiore di mettersi in salvo sotto la protezione degli angloamericani. Il popolo italiano e l’esercito, dislocato nei vari fronti della Russia, della Grecia e dell’Africa Settentrionale si trovano senza direttive in balia dell’esercito tedesco. Paracadutisti tedeschi liberano Mussolini dal Gran Sasso e lo portano nell’italia Settentrionale: qui Mussolini a Salò, nei pressi del Lago di Garda crea la Repubblica di Salò, la cosiddetta Repubblica Sociale Italiana. Egli cerca di recuperare l’originario programma sociale e rivoluzionario del fascismo, ma solo pochi lo seguono in questo sua ultima avventura in cui diventa un burattino nelle mani di Hitler. In questo periodo, che va dall’8 settembre 1943 aI 25 aprile 1945 i tedeschi e i fascisti, i cosiddetti repubblichini, si incattiviscono, i primi perché vedono gli italiani come dei traditori che hanno abbandonato l’alleanza con i tedeschi, i secondi perché ormai sentono imminente la fine del fascismo.
In questo particolare momento Storico nasce il fenomeno della Resistenza e in questo frangente si colloca l’episodio della fucilazione nella piazza di Rio San Martino di Cesare Cappelletto.
La Resistenza è stata la lotta della parte più matura e consapevole del popolo italiano contro il nazifascismo per la realizzazione in Italia della libertà e della democrazia. Il popolo fu chiamato a scegliere tra la resa e la resistenza. Tra arrendersi ed essere complici della violenza nazifascista oppure opporsi a questa violenza attraverso la lotta partigiana e popolare. Molti rimasero a guardare per vedere chi vinceva, e pronti a schierarsi dalla parte del vincitore. Ma a noi oggi la nostra ammirazione va a chi ha saputi schierarsi a chi, come Cesare Cappelletto fu vittima innocente e inconsapevole della brutalità e della barbarie.
In occasione di questa cerimonia abbiamo raccolto la testimonianza di alcuni parenti e testimoni. Sostanzialmente viene confermata la ricostruzione fatta dell’episodio nel mio libro su Scorzè. Ciò che emerge dalle testimonianze è la figura di un giovane buono e mite che viene ucciso per rappresaglia: si narra dell’uccisione alcuni giorni prima a Scorzè di un questurino. A chi lo metteva in guarda sui fascisti che giravano di casa in casa egli rispondeva “Ma non ho fatto nulla di male”. E i fascisti, i repubblichini, incattiviti giunsero a casa del povero Cesare con una sua foto in mano (molto probabilmente qualcuno aveva fatto la spia). Assieme ad altri tre giovani di Scorzè (il cugino di Cesare Cappelletto, Vedovato e De Franceschi) lo portarono a Rio San Martino dove venne catturato una altro giovane (Pesce). Per la fucilazione venne scelto Cesare, molto probabilmente la sua persona era stata già scelta. Don Caon cercò di portare Cesare in chiesa con la scusa di comunicarlo, sperando in questo modo di salvarlo, ma prevalse la ferocia e la brutalità, mentre alla pietà non rimase che il pianto.
L’anno scorso, proprio in occasione di questa ricorrenza, ho raccolto la testimonianza della sig.ra Flora Carraro sposata Bolgan, che al tempo dell’episodio aveva solo 7/8 anni. Per anni non ha detto nulla a nessuno ma ora si è decida a parlare. Al momento del fatto si trovava, come tutti, nella piazza di Rio San Martino di fronte alla Chiesa. Ella vide arrivare i fascisti che trascinavano il povero Cesare. Terrorizzata si nascose vicino al campanile mentre tutti scappavano. Si ricorda di molti uomini armati che piantonavano la piazza; dei fascisti che chiedono un sedia alla famiglia Favaro; di Cesare che viene costretto a sedersi sulla sedia con le mani legate dietro allo schienale della sedie e bendato. Ha ancora presente l’immagine di due fascisti che si pongono a 7 - 8 metri di distanza. Dell’ufficiale repubblichino che dà gli ordini e di un soldati che con il moschetto prende la mira. Partono tre colpi che colpiscono Cesare alla nuca. Compiuto il barbaro delitto, Cesare viene slegato e il corpo posato per terra. I fascisti chiedono alla famiglia Favaro un a coperta e con questa coprono il corpo. I fascisti partono e la gente, che terrorizzata era scappata, cerca di prestare soccorso a Cesare, ma invano.
La testimonianza della signora Flora Carraro in Bolgan è stata confermata da quelle della signora Armida Biancon in Chinellato e dall’avvocato Luigi Longo. La signora Chinellato ricorda la brutalità e la ferocia dell’episodio. I fascisti gettarono a terra il corpo del povero Cesare dicendo “è a disposizione dell’autorità”.
Un ricordo a Cesare Cappelletto con la speranza che altri dopo di noi si riuniscano ogni anno qui nel ricordo del suo martirio. Un ricordo anche per Amleto Rigamonti e Carmine Menicacci che recentemente ci hanno lasciato (un minuto di silenzio).
Prof. Mauro Salsone
Rio San Martino 13 marzo 2004.